11/03/2022

Allevamenti e industria agroalimentare sono in forte allarme per il blocco dell’export dovuto alla guerra in Ucraina. Le navi sono bloccate a Odessa con il mais per l’alimentazione degli animali, il frumento, la colza e il girasole. Anche l’Ungheria ha chiuso i rubinetti, decidendo unilateralmente di sospendere le esportazioni di cereali per garantire la propria autosufficienza alimentare. Una decisione che Confagricoltura ha immediatamente contestato e denunciato alla Commissione Ue perché viola i trattati europei che prevedono la libera circolazione delle merci. Sulla questione sembra però che qualcosa si stia muovendo. Orban avrebbe infatti precisato che dal suo provvedimento di blocco sono esclusi i contratti già in essere.

In questi giorni stanno arrivando ai nostri agricoltori le mail dai fornitori, dall’Ucraina e altri Paesi dell’Est, che avvertono di non poter più garantire la consegna della merce sia in quantità, sia nei tempi previsti dai contratti. L’Ucraina è caratterizzata da un terreno tra i più fertili al mondo, il Cernosem, che è fonte produttiva di frumento tenero, girasole, colza e, in anni recenti, sempre maggiori quantitativi di mais, esportati in gran parte anche in Europa. Le coltivazioni di cereali invernali già seminate sono a rischio, perché potrebbero non essere concimate o raccolte. Se la situazione di guerra continuerà, saranno poi in dubbio tutte le semine primaverili, quindi girasole e mais. Le previsioni sono, quindi, di riduzione delle produzioni e degli approvvigionamenti. Il tutto si ritorce già ora sulla disponibilità di quelle materie prime che integrano le produzioni italiane ed europee, con costi che incidono sulle nostre filiere collegate al latte e derivati, uova, carne e prosciutti.

Tutte le aziende agricole sono inoltre in difficoltà per l’inarrestabile corsa dei prezzi dei fertilizzanti che portano i listini a rincari in tripla cifra rispetto a un anno fa. Un’escalation che coincide con le semine primaverili e con concimazione dei cereali autunnali e che mette a dura prova la capacità produttiva anche del nostro Paese.